Oggi la diagnosi prenotale è in continua evoluzione e capire quali test fare e come farli non è sempre una scelta facile. Se avete dubbi, consultatevi con il vostro ginecologo, sempre. Anche nella scelta del test.
Se siete in gravidanza, il pensiero che il vostro bambino sia in perfetta salute è il più assiduo ed il più importante. Calcolare i rischi di eventuali anomalie cromosomiche oggi però è possibile anche facendo dei test di screening che non sono invasivi nè per la mamma in dolce attesa, nè per il bambino in arrivo e che risultano attendibili nel 90% dei casi (si lascia sempre solo un piccolo margine di errore).
Tempo fa vi avevamo già parlato del test del DNA fetale, si tratta di uno screening prenatale basato su un prelievo di sangue della mamma al cui interno si cercano frammenti di DNA del nascituro provenienti dalla placenta che possono fornire informazioni anche sui cromosomi sessuali.
Per maggiori informazioni, leggi qui.
Oggi approfondiamo l’argomento parlandovi anche del BI-test, un test di screening che si compone di due esami: un esame del sangue e un’ecografia, detta translucenza nucale, che misura soprattutto lo spessore retronucale del feto oltre ad altri parametri fetali.
Quando si esegue?
Il Bi-Test va fatto nel primo trimestre di gravidanza (si consiglia di farlo tra l’11esima e la 14esima settimana di gestazione).
Come si esegue?
- Si fa prima un’ecografia addominale materna per calcolare la translucenza nucale
- E poi un esame del sangue per valutare i livelli di PAPP-A e hCG
I risultati
La combinazione dei risultati dei due esami, analizzati dallo specialista, consente di valutare la presenza del rischio che il bambino sia affetto da anomalie cromosomiche, come ad esempio la sindrome di Down. Il risultato non attesta la presenza della patologia ma il rischio che essa ci possa essere.
Se il risultato è positivo, la coppia viene invitata ad effettuare gli esami di diagnosi invasiva per verifica l’assenza o la presenza della patologia.
Effettuare gli esami di screening non invasivi è una vera rivoluzione in campo ginecologico perchè consente di evitare, se non strettamente necessario, di sottoporre la mamma a esami più invasivi come l’amniocentesi o la villocentesi.
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